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29 maggio 2010

Michelangelo Buonarroti: un vicino di casa degli abitanti dei quartieri Prati e Borgo

Michelangelo Buonarroti visse in Vaticano nei pressi della Basilica di San Pietro, per dirigerne i lavori dal 1547 fino agli ultimi giorni della sua vita, nel 1564. Ciò è confermato da due importanti documenti rinvenuti nell’Archivio della Fabbrica di San Pietro e recentemente resi noti.
Il primo è una nota-spese nella quale figura il compenso per un artigiano-incisore per aver realizzato una chiave di un mobile situato all’interno della stanza del maestro: “A mastro Gianangelo scudi 10 per una chiave a un cassone che sta nella stantia in San Pietro dove se retira messer Michelangelo”. Il secondo è un disegno inedito del grande Buonarroti che rappresenta “una pianta parziale di uno dei pilastri radiali del tamburo della cupola di San Pietro, all’altezza della trabeazione sopra le colonne”, come ha scritto nel suo studio sul tema lo storico Vitale Zanchettin.
Quest’ultimo schizzo è certamente da attribuire a Michelangelo e sarebbe stato realizzato nel 1563 poco tempo prima della sua morte; si tratterebbe di uno dei tanti disegni prodotti durante i 17 anni di direzione del cantiere della nuova Basilica di San Pietro. “La sicurezza del tratto, la mano esperta e abituata a prendere decisioni di fronte alla pietra grezza – dice Zanchettin che ha reso pubblico il proprio studio sul ritrovamento in un articolo sull’Osservatore Romano del 7 dicembre 2007 – lasciano pochi dubbi: lo schizzo è certamente di Michelangelo ed è l’ultimo suo disegno giunto fino a noi”.
Da notare come il foglio, dove compaiono alcune cifre (6, 9 e ¾) assieme al disegno tracciato su un ritaglio di carta con gesso color sanguigna, si sia salvato dalle distruzioni volute dall’architetto quasi novantenne e mostri anche come con tale mezzo impartiva le varie disposizioni per il taglio del marmo ai cavatori di pietra. I blocchi di pietra per la costruzione della Basilica, venivano infatti caricati su carri, trainati da bufali i quali viaggiavano lungo la via Tiburtina, nei mesi estivi, da Tivoli e, in quantità più ridotte, da Fiano Romano e, attraversando proprietà e prati, pascolavano e sostavano in virtù dei privilegi di cui godeva la Fabbrica di San Pietro e venivano anche tradotti via fiume Tevere fino in Vaticano con altri vari materiali passando attraverso la Porta Fabbrica esenti da ogni dazio (ad usum fabricae, da cui il detto “ad ufo”).
Tali ritrovamenti danno la dimensione di vita del maestro negli ultimi anni della sua esistenza: ci dicono infatti come avesse stabilito un forte legame con le maestranze con cui lavorava e danno veriticità al fatto, tramandato per via orale fino ad oggi anche a chi scrive, che Michelangelo amava passare molto tempo con gli artigiani e lavoranti che dirigeva per la costruzione della Basilica, soggiornando nei casali esistenti all’epoca in aperta campana nel borgo dei Fornaciari oggi l’attuale piazzale Gregorio VII. 
a cura del Dott. Emanuele Mariani

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